Il rischio c’è sempre. Ce lo siamo detti il 24 Novembre scorso. E lo si corre spesso.
Di chiudere le vele, avvolgerle nelle loro custodie dopo aver portato la barca in rimessa. E rinunciare. Ci è richiesto un grande coraggio, quello di ammettere di averlo corso questo rischio: di non voler più aprire le vele, di non aver voglia di rimettere la barca in acqua, dopo una traversata non riuscita. Ma se siamo nati con il disegno di navigarlo, di viaggiarlo, di esplorarlo, allora ammainare le vele vorrebbe dire dimenticarci del nostro dàimon, del nostro “promemoria” sul motivo del nostro viaggio terreno. Quello che abbiamo dentro può, ogni tanto, essere eluso, smarrito, rinviato, nascosto da “impegni”: ma il nostro dàimon non ci abbandona. È paziente, sa che ce lo siamo scelto perché è di lui che abbiamo bisogno. Ognuno ha il suo, che non è né migliore né peggiore di altri: è unico e ogni tanto, si incrocia, combinandosi perfettamente, con il dàimon di qualcun altro. Per tutta la vita o per periodi più o meno lunghi: ma è lui. E quando succede, ti presenta il suo biglietto da visita: Amore. Che ci ritraccia la rotta sulla carta, laddove pensavamo di vedere solo scogli pericolosi o manufatti con il segnale di stop .
E se ogni tanto perdiamo la rotta, beh, anche questo fa parte del percorso; quello che conta è non perdere due cose: la bussola con cui siamo nati e la fiducia in quel percorso che ci porti dove siamo destinati ad andare, che sia un luogo, una emozione, una immagine allo specchio, un cuore. L’ho detto, in pubblico, molti anni fa: mi ritengo una persona fortunata. Perché ho riconosciuto, qui, in terra, il mio dàimon, e di mezzo c’è sempre uno spostamento, un viaggio, un movimento, una navigazione.
Il tempo non esiste, e a fermarlo, a rendere innocuo il suo ingannevole trascorrere, sono due cose che alimentano il viaggio: l’Amore e la Bellezza. E questi sono, per me, i tratti che rendono condivisi i dàimon delle persone senza paura di tenere aperte le vele.
Buon viaggio a tutti.
Vince